martedì 27 dicembre 2011

Convab presentazione

Breve storia del Comitato Nazionale per la Valorizzazione dei Beni Storici, Culturali e Ambientali


Il Comitato Nazionale per la Valorizzazione dei Beni Storici, Culturali e Ambientali da anni si dedica a risolvere enigmi legati a grandi personaggi del nostro paese. Misteri connessi alla loro vita e alla loro morte che la storiografia ufficiale non ha risolto. Grazie alla scienza e all’utilizzo delle tecnologie più avanzate, il Comitato è in grado di trovare una soluzione fondata e obiettiva ai molti casi irrisolti che riguardano la storia culturale del nostro paese. Questi nuovi risultati, pur non toccando il valore delle opere e della vita di letterati, filosofi, artisti e scienziati, hanno contribuito a uscire dall’ ambiguità, dalle supposizioni o da asserzione non motivate dai fatti.

L’approccio che caratterizza la ricerca prevede una dialettica e felice sintesi fra le scienze storiografiche e quelle dell’antropologia forense. Coerentemente a questo nuovo modello di ricerca, il Comitato è composto da due staff scientifici: il primo, di natura storiografica, è coordinato dal dott. Silvano Vinceti che riveste anche la carica di presidente del Comitato, l’altro, di natura prettamente scientifica, è coordinato dal prof. Giorgio Gruppioni, ordinario di antropologia ossea all’Università di Bologna. Del comitato scientifico fanno parte varie università italiane. Sono membri dei due staff diversi professori provenienti dalle facoltà umanistiche e artistiche, esperti del D.N.A., degli esami con il Carbonio 14, esami istologici e dei metalli pesanti presenti nei resti mortali.




Nel corso di questi anni, il comitato ha realizzato le seguenti ricerche: l’individuazione del luogo e dei resti ossei del poeta Matteo Maria Boiardo; la ricostruzione del viso di Dante Alighieri, realizzata in collaborazione con alcuni professori delle università inglesi; lo studio sul luogo do sepoltura e sulla localizzazione dei resti ossei di Giacomo Leopardi; l’apertura delle tombe di Giovanni Pico della Mirandola e di Angelo Poliziano, indagine compendiata da uno studio interdisciplinare che ha portato alla soluzione dell’irrisolto problema della loro morte; l’individuazione del luogo di sepoltura e dei resti mortali del grande maestro Michelangelo Merisi da Caravaggio; la ricerca inerente al luogo e ai resti di sepoltura di Lisa Gherardini Del Giocondo, modella che con molte probabilità ispirò il celebre dipinto La Gioconda di Leonardo da Vinci; infine, l’individuazione e la decodificazione di alcune lettere nonché del numero 72 presenti all’interno del quadro La Gioconda di Leonardo da Vinci, opera attualmente conservata presso il museo Louvre in Francia.

Tutte queste indagini hanno avuto una ricaduta mass-mediale globale, importanti riconoscimenti da parte di esponenti provenienti dalle più illustri università nonché da centri di ricerca sia italiani che stranieri. Le stesse metodologie e tecniche utilizzate sono state occasioni di simposi e convegni nazionali. Le nostre indagini hanno inoltre suscitato un rinnovato interesse verso la storia culturale del nostro paese: turisti e uomini di cultura da provenienti da tutto il mondo, stimatori dei personaggi medesimi, hanno moltiplicato la loro affluenza verso i luoghi dove quest’ultimi hanno vissuto e/o sono morti, con conseguente valorizzazione e consolidamento dei luoghi stessi, delle opere, della storia e delle strutture turistiche del nostro paese.

Il feed-back generato da tali operazioni ha garantito all’Italia un incremento della promozione -del nostro già stimatissimo patrimonio culturale- a livello mondiale: una tipologia di marketing e comunicazione che ha qualificato e rafforzato l’immagine complessiva che l’Italia offre a tutto il mondo, con conseguente consolidamento delle nostre complessive proposte ed offerte turistiche. Le indagini stesse, essendo di natura interdisciplinare, hanno coinvolto storici, esperti di estetica e di storia dell’arte, oltre che micro-biologici, esperti del D.N.A., antropologi e laboratori per l’accertamento dell’età e autenticità dei resti ossei, accertamento reso possibile grazie all’utilizzo delle tecniche legate al carbonio 14.





Staff Convab

EQUIPE RICERCA SCIENTIFICA e STORICO-DOCUMENTALE:
  1. Dott. Silvano Vinceti (Presidente Comitato Nazionale Valorizzazione Beni Storici Culturali e Ambientali) – filosofo, storico, scrittore, responsabile ricerca storico-documentale;
  2. Prof. Giorgio Gruppioni (Coordinatore scientifico delle analisi antropologiche, genetiche e istologiche.) - Professore ordinario di Antropologia nell’Università di Bologna: analisi di biologia scheletrica;
  3. Dott. Stefano Benazzi – Università di Bologna: esami osteologici ed elaborazioni di antropologia virtuale;
  4. Dott. Marco Orlandi – Università di Bologna: acquisizione ed elaborazione di immagini 3D delle ossa
  5. Dott.ssa Elisabetta Cilli – Università di Bologna: analisi genetiche mediante il DNA;
  6. Prof. Lucio Calcagnile – Università del Salento e Centro di datazione: datazione dei reperti mediante il Carbonio 14;
  7. Prof. Francesco Mallegni – Professore ordinario di Antropologia nell’Università di Pisa: metodologie e tecniche di ricostruzione facciale;
  8. Gabriele Mallegni – Scultore: modellazione manuale del volto mediante tecniche di antropologia forense;
  9. Dott. Domenico Mancinelli, dottore in Biologia. Ricerca e biologia dello scheletro umano. Professore presso il Dipartimento di Scienze Ambientali dell'Università dell'Aquila.
  10. Prof. Massimo Andretta, laureato in Fisica, Direttore del Centro Ricerche e Servizi Ambientali (C.R.S.A. Med Ingegneria) di Marina di Ravenna (RA). Ente Convenzionato con l'Alma Mater - Università di Bologna: analisi dei metalli pesanti
  11. Prof. Antonio Moretti – Università dell’Aquila: analisi geoarcheologiche.
  1. Dott.ssa Stefania Romano (Responsabile tecnica della ricerca storico-documentale; coordinatrice segreteria nazionale comitato) – ricercatrice, editor
  2. Dott.ssa Alessia Cervone (Responsabile ricerca malattie neurologiche e patologie dell’organismo) – ricercatrice, medico
  3. Dott. Enzo Russo – fotografo, web design  

ELENCO RESPONSABILI TERRITORIALI COMITATO SEZIONI ITALIANE

Dott. Silvano Vinceti. Presidente comitato silvano.vinceti@yahoo.it

REGIONE ABRUZZO:

REGIONE CALABRIA:

REGIONE CAMPANIA:

REGIONE EMILIA ROMAGNA:

REGIONE LAZIO:

REGIONE LOMBARDIA:
REGIONE MARCHE:

REGIONE MOLISE:

REGIONE PIEMONTE:

REGIONE PUGLIA:

REGIONE TOSCANA:

REGIONE UMBRIA:

REGIONE VENETO:
  • Dott.ssa Loretta Marcon. Responsabile Padova

ELENCO RESPONSABILI SEZIONI ESTERE

FRANCIA:

SPAGNA:

Progetto di ricerca: studio sui resti e sul luogo di sepoltura di Lisa Gherardini del Giocondo

Alla ricerca della tomba e dei resti di Monna Lisa

Premessa
Vi sono personaggi che nel loro passaggio sulla scena del mondo hanno lasciato testimonianze indelebili e hanno contribuito in modo speciale a scrivere la storia dell’umanità. La loro memoria continua a vivere nell’opera della loro arte e del loro ingegno, nei contributi di conoscenza che ci hanno lasciato o nel ricordo delle loro gesta. Riscoprire di questi personaggi, oltre che il valore e il significato delle opere e delle imprese, anche le vicende umane ed esistenziali che ne hanno caratterizzato la vita, può rappresentare un contributo significativo per una conoscenza più autentica, oltre che dei personaggi stessi, anche del contesto storico in cui vissero.

Quando poi, aspetti della vita di questi personaggi, e sovente anche della morte, o le sorti dei loro resti, restano ancora oggi avvolti nel mistero, le ricerche che su di essi si possono condurre acquistano il fascino intrigante dell’indagine investigativa che, sulla base di esili indizi e labili tracce cerca di far luce sugli aspetti oscuri della loro storia. Si tratta, in generale, di studi multidisciplinari che uniscono alla ricerca minuziosa delle fonti archivistiche e documentali, l’indagine su reperti e tracce attraverso le sofisticate tecnologie proprie dell’investigazione archeologica e forense. Si vengono così a comporre in un unico quadro e a validarsi reciprocamente le informazioni storiografiche, o gli indizi tramandati dalle fonti biografiche del personaggio in esame, con i risultati delle analisi scientifiche che si possono eseguire sui resti umani del personaggio stesso.

I resti scheletrici costituiscono infatti un vero e proprio archivio di informazioni che può consentire di ricostruire molti caratteri biologici e somatici di un individuo vissuto nel passato, di riprodurne le sembianze, di evidenziarne eventuali tratti fisici particolari o i segni di malattie di cui ha sofferto o di traumi subiti nel corso della vita, fino anche a rivelarne la causa di morte. Allo stesso tempo, i resti di un individuo possono fornirci informazioni sulle sue abitudini di vita, sull’alimentazione, sul tipo di attività fisica svolta. Inoltre, nelle ossa, in funzione della loro antichità e del loro stato di conservazione, possono rimanere tracce di DNA attraverso le quali è possibile, da un lato, ricostruire il profilo genetico individuale e, attraverso opportuni confronti, giungere alla identificazione genetica dei resti, dall’altro, rivelare tratti sconosciuti dell’aspetto o della vita del personaggio in esame. .

Le metodologie d’indagine sempre più sofisticate e sensibili che il progresso scientifico e tecnologico mette a disposizione, rendono oggi possibile la lettura e la raccolta di informazioni contenute nelle ossa, in quantità e ad un livello di attendibilità che, nel passato, anche recente, non erano quasi neppure pensabili. Ciò significa anche che, allo stato attuale, lo studio dei resti di personaggi vissuti nel passato, potendosi avvalere di strumenti scientifici e tecnologici molto più avanzati ed efficaci, può conseguire risultati assai più consistenti ed affidabili e raggiungere con successo obiettivi falliti in precedenti ricognizioni e indagini sugli stessi resti.

In questo contesto rientrano le investigazioni condotte con successo dal Comitato Nazionale per la Valorizzazione dei Beni Storici, Culturali e Ambientali, e che hanno portato, tra l’altro, alla identificazione dei resti di Matteo Maria Boiardo, alla ricostruzione del volto di Dante Alighieri, allo studio delle spoglie di Pico della Mirandola e Angelo Poliziano nonché, recentemente, alla individuazione di alcuni reperti scheletrici attribuibili al Caravaggio.

Documenti storici a fondamento della ricerca
Negli ultimi anni sono emersi alcuni importanti documenti storici inerenti a Lisa Gherardini del Giocondo. Per anni si era dubitato che si trattasse di una persona veramente esistita. Oggi si dispone del certificato di nascita recuperato presso l’Archivio di stato di Firenze. Lisa Gherardini nacque a Firenze, in via Maggio, nel 1479. Un altro elemento importante riguarda il testamento di Francesco del Giocondo, marito di Monna Lisa. Nel testamento, oltre a lasciare tutti i beni materiali e immateriali alla moglie che appella “mulier ingenua”, Francesco indica come luogo idoneo ad accogliere gli ultimi giorni della vita della moglie il Convento di S. Orsola. Viveva nel medesimo convento la figlia Marietta che prese il nome di Suor Ludovica e che accudì la vecchia madre durante gli ultimi mesi della sua vita. Fondamentale, per dare forza e certezza all’avvenuta sepoltura della Gherardini nel convento di S. Orsola, è il documento del decesso e dell’atto di inumazione scoperto dallo storico Giuseppe Pallanti: “ Monna Lisa donna fu di Francesco del Giocondo, morì addì 15 di luglio 1542, sotterossi in Sant, Orsola, tolse tutto il capitolo”.

Un ulteriore documento fondamentale riguarda il ritrovamento di un fregio della famiglia Gherardini che potrebbe provenire dal Convento medesimo. Occorre ricordare che all’interno di tale struttura vi furono sepolture di alcuni laici benefattori della congregazione di Sant’Orsola. Sappiamo con certezza, attraverso alcuni documenti storici, che la famiglia del Giocondo, ricco setaiolo fiorentino, fece varie donazioni al convento medesimo.

Altro particolare di natura storico-biografica, riguarda il ritrovamento di scritti autentici attestanti che Leonardo ebbe dimora, fra il 1501 e il 1503, presso l’ordine dei Servi di Maria Santissima Annunziata. In quella chiesa, nel 1525-1526, Francesco del Giocondo fece erigere la cappella di famiglia. La stessa Lisa Ghirardini andava spesso a pregare nella chiesa medesima nel cui convento Leonardo dimorava a pagamento.

Occorre poi ricordare quanto scritto dal Vasari nella storia degli artisti e architetti fiorentini. Il Vasari asserisce che nel 1503 Francesco del Giocondo commissionò a Leonardo il ritratto della moglie che attendeva il secondo figlio. Si tratta di affermazioni che sono state contestate da molti storici dell’arte e che non trovano un riscontro certo e sicuro. Sappiamo anche che il padre di Leonardo, Ser Piero, nel periodo di presenza del grande genio nella città fiorentina, era il primo Notaio di Firenze e Francesco del Giocondo era suo cliente. Non vi sono tuttavia documenti che avvalorino la tesi per la quale Ser Piero abbia proposto il figlio pittore al ricco setaiolo.

In conclusione, sulla base di quanto sopra esposto, possiamo asserire che l’insieme dei documenti autentici ritrovati, uniti a ciò che conosciamo riguardo Lisa Gherardini del Giocondo, giustificano questa ricerca e la rendono poggiante su buoni fondamenti storici.

Obiettivi della ricerca scientifica

Convab e National Geographic presentano: Caravaggio, il corpo ritrovato

CARAVAGGIO. IL CORPO RITROVATO

Le ricerche di un team di scienziati per stabilire

se i resti rinvenuti a Porto Ercole appartengano al grande pittore

Dopo lo straordinario successo di pubblico della premiere ricordiamo che il documentario andrà in onda anche nelle seguenti repliche:

Sabato 05/03 @ 23.10

Domenica 06/03 @ 14.10

Giovedi 10/03 @ 19.10

Sabato 12/03 @ 01.10

Uno dei pittori italiani più noti e amati al mondo. Protagonista tra i più controversi del suo tempo, Michelangelo Merisi da Caravaggio esercita, ancora oggi a 400 anni di distanza, un fascino che non ha eguali. La sua vita romanzesca, fatta di grandi successi, continui guai con la giustizia, aggressioni, e fughe precipitose, si conclude in circostanze misteriose in un giorno di luglio del 1610. Come, dove e perché muore Caravaggio? Che fine ha fatto il suo corpo?

La produzione originale italiana CARAVAGGIO. IL CORPO RITROVATO, in onda dal 27 febbraio 2011 su National Geographic Channel (canale 403 di Sky), racconta l’unica ricerca compiuta su quelli che con ogni probabilità sono i resti mortali di uno dei più grandi artisti di tutti i tempi.

Prodotto da Doclab (regia Marco Visalberghi, autore Patrizia Marani) per National Geographic Channel e girato in alta definizione, il documentario segue, passo dopo passo, lo svolgersi di una grande ricerca scientifica che si è prefissa di trovare lo scheletro di Caravaggio, e interrogare le sue ossa, per rispondere alle domande che gli storici dell’arte si pongono da allora.

Tutto ha inizio da un articolo pubblicato diversi anni fa, in cui l’archeologa Giovanna Anastasia di Porto Ercole dichiarava di aver visto da bambina i resti del corpo di Caravaggio. Erano venuti alla luce nel 1956 – dichiarava Giovanna- durante gli scavi per allargare la strada di accesso al paese di Porto Ercole.

L’articolo cade per caso sotto gli occhi di Silvano Vinceti uno storico con la passione per le indagini storico-antropologiche e presidente del “Comitato Nazionale per la Valorizzazione dei Beni Storici Culturali e Ambientali” che concepisce l’idea ambiziosa di tentare di ritrovare le spoglie del grande pittore attraverso il coinvolgimento di un gruppo di scienziati, ricercatori e storici con una consolidata esperienza in questo genere d’indagini.

E’ l’inizio della lunga e difficile avventura che vede all’opera ricercatori di numerosi centri di ricerca scientifica italiana tra i quali: Giorgio Gruppioni, docente di Antropologia dell’Università di Bologna, Elisabetta Cilli, genetista dell’Università di Bologna, Antonio Moretti e Domenico Mancinelli dell’Università dell’Aquila, Massimo Andretta Direttore del C.R.S.A. Med Ingegneria di Marina di Ravenna, il prof. Lucio Calcagnile direttore del CEDAD dell’Università del Salento e Stefania Romano per le ricerche storiche.

I ricercatori scoprono che gli scheletri recuperati nel ’56 sono conservati nel cimitero di Porto Ercole. Ma quando scendono nella cripta si trovano di fronte centinaia di scheletri accatastati alla rinfusa e, analizzarli tutti è umanamente impossibile.

Comincia allora una straordinaria batteria di test scientifici che permette ai ricercatori di ridurre gradatamente il numero dei possibili indiziati. Poco alla volta vengono isolati tutti maschi alti intorno al metro e settanta, deceduti all’età di 40 anni circa. Poi la datazione con il carbonio 14 individua quelli morti a cavallo del 1610, e la concentrazione dei metalli pesanti quali il piombo, ancora presente nelle ossa indica che in vita quell’individuo era con buone probabilità un pittore.

Le ricerche storiche si intrecciano con gli esami scientifici nel tentativo di ricostruire i momenti essenziali della vita di Caravaggio. Dal momento della fuga da Roma a seguito dell’assassinio di Tomassoni, al suo continuo girovagare tra Napoli, Malta e la Sicilia, sempre più ossessionato dalla pena capitale che pesa sulla sua testa.

I ricercatori si convincono che il comportamento allucinato del pittore sia da mettere in relazione con il progressivo avvelenamento da piombo di cui soffriva, e forse è proprio il piombo potrebbe essere la causa, almeno indiretta, della sua morte. Il suo temperamento aggressivo e turbolento, gli improvvisi attacchi d’ira potrebbero essere proprio determinati da un sistema nervoso debilitato dalla intossicazione da questo metallo.

Ma prima di trarre conclusioni affrettate serve la prova definitiva che quelle ossa siano proprio quelle del pittore, Quindi serve la prova del DNA. Già estrarlo da ossa rimaste in terra per 400 anni non è facile, ma trovare il DNA con cui confrontarlo si rivela ancora più difficile. Caravaggio non ha eredi diretti per linea femminile ne tanto meno per via maschile, per cui l’ultima risorsa possibile è quella di confrontare il DNA estratto dai resti indiziati con quello del cromosoma Y dei Merisi ancora oggi esistenti nella zona di Caravaggio. I marcatori esaminati a questo scopo sono 17 e i Merisi hanno mostrato di possederne una combinazione tipica. Dalle ossa deteriorate del campione indiziato, quello contrassegnato con il n° 5, i ricercatori riescono ad evidenziare prima 6 poi 7 poi 11 marcatori che si rivelano tutti compatibili con la combinazione dei Merisi. Si tratta di una coincidenza così alta da fornire un’alta probabilità di aver trovato i resti di Michelangelo Merisi da Caravaggio,

Per la prima volta il fitto mistero che avvolge la morte di Caravaggio trova alcuni punti fermi che permettono a Vinceti di ricostruire le ultime ore della sua tragica vita. Avvalendosi del contributo di storici dell’arte del livello del prof. Maurizio Calvesi prof. Vincenzo Pacelli, Helen Landon, e Francesca Cappelletti Vinceti conclude che i dati scientifici uniti alle evidenze storiche gli permettono di affermare con assoluta certezza di aver trovato i resti mortali del pittore.

Per informazioni
Francesca Calzolari – Fox Channels Italy tel.0688284620 francesca.calzolari@fox.com
Francesco Carbonari – Fox Channels Italy tel. 0688284628 francesco.carbonari@fox.com
Marilena D’Asdia - MN tel. 0685376330 marilena.dasdia@mnitalia.com


Relazione conferenza stampa 2 febbraio 2011:- nuove scoperte sulla Gioconda di Leonardo da Vinci-.

2 Febbraio 2011

Nel corso della suddetta conferenza, il Comitato ha inteso evidenziare alcuni studi ed approfondimenti relativi alla Gioconda di Leonardo da Vinci:

La Gioconda è il testamento pittorico, filosofico, esistenziale di Leonardo. La Gioconda va letta su più livelli come la Bibbia. Molti storici dell'arte o esperiti di Leonardo hanno commesso l'errore di dare una lettura o unilaterale o parziale di questo Testamento. Il nostro ritrovamento del 72 -numero chiave- e delle lettere L e S, presenti negli occhi della Gioconda, rappresentano un punto di riferimento e di partenza di una nuova interpretazione del quadro e del periodo leonardesco che va dal 1510 fino alla sua morte. Nella Gioconda convergono elementi pittorici, di stile e di contenuto, elementi simbolici e archetipi nonché un vero e proprio pensiero di Leonardo sintetizzabile nel 72 e nel ponte, il cui significato simbolico è importante per una lettura esaustiva e attendibile di questo grande genio. La Gioconda, come il Vecchio e il nuovo Testamento, racchiude vari livelli di interpretazione: uno pittorico, uno simbolico, uno filosofico, uno religioso, uno psicologico ed esistenziale e, per finire, essa contiene la sintesi della vita e del pensiero di Leonardo espresso attraverso i principi fondamentali dell'umanesimo e del rinascimento quali l’armonia, la giusta proporzione, la felice sintesi fra elementi opposti. In Leonardo convive sia la contrapposizione degli opposti sia la loro fusione che trovano presenza e sostanza nella Gioconda. La Gioconda si presenta come pittura-scienza-psicologia, espressione dell’interiorità di Leonardo in cui prevale una maestosa tranquillità, una serenità pacata, arguta, ironica e insinuante. La Gioconda esprime il superamento del contrasto fra la Venere Celeste e la Venere volgare, il contrasto fra Angelico e Demoniaco, spirituale e sensuale, sacrale e orgasmico, immanente e trascendente, elementi presenti anche nell'opera perturbane di Leonardo - l'Angelo incarnato- che si può ritenere realizzata fra il 1511- 1513.

Campagna nazionale per l'esposizione della Gioconda nel 2013

Breve sintesi delle rocambolesche vicende legate al furto del dipinto La Gioconda avvenuto nel 1911 e recuperato nel 1913

La Gioconda, Leonardo da Vinci, 1503-1519. Parigi, Musée du Louvre, inventario 779, cm 77x53, olio su tavola di pioppo. Cornice italiana del XVI secolo dono della contessa De Béarne.

Il dipinto venne portato in Francia da Leonardo nel 1516, anno in cui fu invitato da Francesco I ad Amboise.
Successivamente il dipinto fu condotto a Versailles per essere esposto e poi, dopo la Rivoluzione francese, venne trasferito al Louvre. Innamoratosene, Napoleone Bonaparte lo volle mettere nella sua camera da letto, tuttavia qualche tempo dopo tornò nel museo del Louvre. Durante la guerra Franco-Prussiana del 1870-1871, La Gioconda fu nascosta in un luogo segreto in Francia. Dal 21 agosto 1911 sino al dicembre del 1913 fu invece rubata da Vincenzo Peruggia, che la tenne prima a Parigi e poi a Firenze. In seguito alla restituzione del quadro, essendo questa avvenuta anche grazie all’intervento del governo italiano, si decise di esporre l’opera in alcune delle principali città italiane: a Firenze, prima agli Uffizi poi a Palazzo Farnese, a Roma, nella Galleria Borghese a Roma, infine a Milano. Subito dopo, fu restituita alla Francia che la affidò al Louvre, tuttavia, a causa delle guerre mondiali, venne nuovamente rimossa per essere nascosta e conservata in sicurezza. Purtroppo, nel 1956, la parte inferiore dell’opera fu gravemente corrosa con dell'acido. Qualche mese dopo gli fu tirata una pietra.

Presto restaurata, nel 1962 venne affidata agli Stati Uniti per essere esposta a New York e Washington. In ultimo, nel 1974, si decise per due storiche esposizioni: prima a Tokyo e poi a Mosca.

La narrazione del furto
Parigi, Museo del Louvre, Salon Carré, lunedì 21 agosto 1911, mattino.

Come ogni lunedì, il museo non è aperto al pubblico ma ci sono comunque 257 persone. Un tale Monsieur Louis Béroud, incaricato di fare una copia del dipinto, è il primo ad accorgersi della sua assenza. Dopo vani tentativi, vengono ritrovate solo la cornice ed il vetro di protezione: il dipinto è stato rubato. La Polizia viene mobilitata, tuttavia si è incapaci di trovare una pista. L’ex segretario del poeta Guillame Apollinaire, a caccia di fama, confessa di aver rubato una statuetta al Louvre. La polizia perquisisce l’appartamento del poeta e trova altre due statuette di proprietà del museo. Apollinaire si difende sostenendo di averle ricevute in dono; siamo nel periodo in cui Marinetti -nel Manifesto Futurista- invita a distruggere i capolavori dei musei per far spazio al nuovo.

Qualche tempo dopo, ormai pentito, l’ex segretario di Apollinaire confessa e viene arrestato, ma dell’opera non vi è traccia.
La politica internazionale si interessa alla vicenda e i già tesi rapporti tra Francia e
Germania sfociano in accuse reciproche. L’opinione pubblica francese dà la responsabilità della Germania. I politici tedeschi sostengono che il governo francese sa dove viene custodita la Gioconda. Gli interrogatori si moltiplicano senza portare alla soluzione del caso.

Passa del tempo e finalmente, nel dicembre del 1913, l’antiquario Alfredo Geri riceve una lettera in cui vi è scritto: «Ho la Gioconda, e intendo cederla per 500.000 lire. Vincenzo Leonard.» Il giorno dopo un giovane porta l’antiquario, accompagnato dal direttore degli Uffizi, in una camera dell'Albergo Tripoli-Italia. Viene loro consegnata la Gioconda. Alfredo Geri dice di essere disposto a pagarla entro la mattina seguente, tuttavia porterà solo le manette dei carabinieri.

L’opere d'arte più celebre del mondo era stata 28 mesi nelle mani del giovane Vincenzo Peruggia, un italiano emigrato in Francia, e il mondo intero rispose alla risoluzione dell’enigma con grande delusione: una celebre opera nella mani di un uomo qualunque che l’aveva trafugata senza generare nessuna leggenda poetica.

Vincenzo Perugia
Nato a Dumenza sul lago di Como l’8 ottobre 1881, Vincenzo Peruggia si trasferisce in Francia in cerca di lavoro e ottiene un incarico di decoratore presso il Louvre, luogo dove elabora il furto. Nell’agosto del 1911 non lavora più per il museo, ma lo conosce bene. La ricostruzione del fatto ci porta a credere che la sera di domenica 20 Vincenzo è a cena con altri immigrati italiani e fa credere a tutti di essere ubriaco. Torna nel suo appartamento e si infila a letto. All’alba della mattina successiva si reca al Louvre, entra utilizzando le impalcature appoggiate alle pareti del palazzo e preleva la Gioconda, le toglie la cornice ed il vetro protettivo e la nasconde sotto la giacca. Torna a casa e, il giorno dopo, va lavoro. Contemporaneamente, al Louvre si scopre il furto e, come sappiamo, la polizia si mobilita.

Fino al dicembre del 1913 il dipinto rimane chiuso in una scatola di cartone sotto il letto del Peruggia, che per diversi mesi continua a fare il decoratore per non attirare l’attenzione. Nel dicembre del 1913 porta a termine il piano: prende un treno e passa la dogana al confine con l’Italia, vuole portare La Gioconda a Firenze.

Il processo
Le dinamiche della vicenda vennero chiarite alla Corte del Tribunale di Firenze nel 1914:

Peruggia cercò la difesa ammettendo di avere un conto in sospeso con la Francia per il razzismo che aveva dovuto subire. Disse al giudice: «Ho compiuto il furto per motivi patriottici, volevo restituire all’Italia una parte dei saccheggi di Napoleone».

La forza d’accusa tuttavia palesò al ladruncolo il punto della questione: l’opera era stata venduta dallo stesso Leonardo al Re di Francia Francesco I, per la considerevole cifra di 4000 scudi d’oro.

Arresosi, l’ex decoratore ammise che la scelta del quadro era dovuta alle sue celebri ridotte dimensioni. Vincenzo Peruggia scontò un anno e 15 giorni di galera per il furto del secolo.

Il dipinto
Il dipinto è conservato al Louvre in un contenitore fissato nel cemento e protetto da due lastre di vetro antiproiettile a tripla lamina, poste a 25 cm l’una dall’altra.

Il Convab è attualmente impegnato in una campagna nazionale a favore del rientro del celebre quadro durante il centenario del suo ritrovamento, ossia nel 2013.
I sostenitori di questa iniziativa ritengono importante poter celebrare il centesimo anniversario del ritrovamento del capolavoro di Leonardo; sarebbe un evento di enorme valore culturale e storico, oltreché una meravigliosa occasione per l’Italia intera, il possibile ritorno nel 2013 della Gioconda nella città di Firenze, e la sua esposizione ai cittadini fiorentini e italiani a cento anni di distanza.

Per adesioni, inviare richiesta info all'indirizzo com.giocondafi2013@libero.it

Silvano Vinceti: Il segreto della Gioconda. Armando Editore. Roma


Breve sintesi del libro il segreto della Gioconda.

Il libro, scritto in forma narrativa autobiografica, coinvolge il lettore in un viaggio alla riscoperta e rivisitazione di Leonardo da Vinci e, in particolare, delle sue ultime opere pittoriche al cui centro vi è la Gioconda. L’opera propone un nuovo Leonardo, totalmente diverso da quello raffigurato nei libri usciti in questi ultimi decenni. In questi ultimi anni ci si è soffermati solo su alcuni aspetti della vita e delle opere del grande genio toscano. Si è dato risalto e valore particolarmente alle capacità di Leonardo come pittore, meccanico, architetto, ingegnere e studioso della natura, trascurando aspetti fondamentali della sua personalità, dei suoi interessi, delle sue credenze. In questo libro, Leonardo viene presentato ricomponendo tutti i suoi aspetti: Leonardo come uomo, collocato nel suo periodo storico, ossia quello della Firenze Medicea, della Milano di Ludovico il Moro; Leonardo come studioso, intento a respirare e assimilare le culture filosofiche, teologiche e religiose del neo-platonismo, dell’ermetismo; Leonardo come curioso dell’esoterismo, intento ad abbracciare le concezione Kabalistiche di Pico della Mirandola e le visioni dell’Apocalisse di Gioacchino da Fiore e di S. Giovanni. Vi è quindi un Leonardo dimenticato, o appena evidenziato, che nel libro si ripropone come un insieme di aspetti fondamentali e centrali per una sua comprensione autentica e per potere offrire una diversa, originale e innovativa lettura delle sue ultime opere quali l’Angelo Incarnato, la S. Anna, il S. Giovanni Battista e, in particolare, quello che è da tutti riconosciuto come il suo più grande capolavoro: la Gioconda.

L’impostazione dello scritto è diversa rispetto a quella che abitualmente viene data ad un tradizionale saggio storico, biografico o critico, quasi sempre impersonale e freddo. L’opera è presentata come una sorta di racconto esistenziale dove l’autore stesso riscopre gradualmente Leonardo, lo approfondisce storicamente, si esalta e si turba per le difficoltà di comprensione, viene attraversato da dubbi e smarrimenti nel suo tentativo di raffigurare in modo fedele e completo questo grande e poliedrico genio. Il testo viene quindi proposto come racconto in prima persona in cui l’autore racconta al lettore le difficoltà incontrate, cerca di trasmettere la gioia e l’eccitazione legate al suo portare alla luce aspetti di Leonardo raramente colti e descritti: siamo di fronte ad un testo concepito come il racconto di un viaggio, tutto umano, dello studioso stesso, una narrazione che permette al lettore di identificarsi nel ricercatore, non storico dell’arte, non esperto di Leonardo ma che con passione, rigore e metodo, lo riscopre portando alla luce quello che diversi esperti o professionisti Leonardeschi non hanno voluto -o saputo- affrontare.

Gli aspetti dimenticati di Leonardo
In questo libro emerge un aspetto di Leonardo molto importante, quel versante dello studioso come psicologo precursore di quella che oggi è definita psicologia comportamentale delle manifestazioni emotive. Emerge la visione dell’uomo venato di pessimismo e dominato da passione, istinti dove la ragione e la coscienza non sono sovrani assoluti. Si sostanzia la dimensione religiosa, mistica, cabalistica, esoterica, l’uso del simbolismo pittorico. Tale aspetto dimenticato o ignorato del Vinciano è fondamentale per poter dare una diversa lettura alla Gioconda. La maggioranza delle persone, pur avendo a disposizione molte informazioni su Leonardo, ben poco conoscono riguardo all’aspetto cabalistico e mistico di Leonardo, sul suo reale atteggiamento nei riguardi della magia, della astrologia, della alchimia. Pochissimi conoscono alcuni scritti di Leonardo di critica verso le gerarchie religiose e verso la loro mollezza di costumi. Ancor meno si conosce la visione religiosa di Leonardo e le sue convinzioni in merito, convinzioni che se avesse esposto in modo chiaro lo avrebbero fatto accusare di eresia e forse mandato al rogo. Nelle sue convinzioni religiose ed eretiche sta una delle ragioni della prassi di scrivere da destra verso sinistra: Leonardo custodiva gelosamente i suoi manoscritti e solo dopo la sua morte li lasciò in eredita al suo allievo e fedele amico Melzi.

Il simbolismo o il messaggio segreto nei quadri di Leonardo
La tesi innovativa proposta nel libro in oggetto nasce dall'analisi del pensiero iconografico espresso da Leonardo. Leonardo trasponeva nei suoi ultimi e più importanti quadri il suo complessivo pensiero, comprensivo delle sue credenze, dei suoi valori, dei suoi timori e delle sue aspettative. I dipinti di Leonardo sono come dei libri; in essi si cela ai più e si comunica ai pochi la sua visione del mondo, la visione dell’uomo, di Dio, della religione e della fede. Il grande genio italiano aveva strutturato un proprio vocabolario iconografico, una peculiare grammatica e sintassi pittorica equivalente a quella del linguaggio scritto e parlato. Nel libro si cerca di portare alla luce tutti questi significati simbolici e il loro uso: vedi il chiaro-scuro usato nei dipinti, la scelta dei contenuti raffigurati, l’uso delle posa delle mani, dell'espressioni del viso, del corpo e così via. Fra le opere prese in esame al fine di dare forza e sostanza a questa visione, si staglia un disegno ritrovato nel 1991 e denominato – l’angelo incarnato-. Si tratta di un’opera di Leonardo sconosciuta al grande pubblico, la cui vista genera sentimenti contrastanti, perturbanti e smarrenti. L’angelo incarnato esprime la visione leonardesca dell’Androgino, un essere umano che racchiude i caratteri fisici maschili e femminili. Il disegno è, nella parte bassa, la raffigurazione delle caratteristiche anatomiche di un uomo con il pene in erezione e, nella parte alta, dispone di caratteristiche femminili. La parte maschile raffigura la dimensione carnale, sensuale, animalesca dell’essere umano, la parte femminile rappresenta la dimensione spirituale, ascetica e religiosa. Il dito rivolto verso l’alto ad indicare Dio riveste un significato simbolico e religioso ben consolidato. L’importanza del disegno è nel suo significato filosofico, antropologico, nelle personali concezioni di Leonardo in merito al rapporto fra concetti che indicano cose e fenomeni opposti. Il disegno palesa come Leonardo avesse abbracciato quella convinzione che ha la sua genesi nella scuola Pitagorica, riaffermata dal grande filosofo Eraclito e ripresa dal neo-platonismo rinascimentale dominante nella Firenze dove il maestro si era formato. Questa credenza, espressa anche da Pico della Mirandola, le cui idee sono condivise da Leonardo, si sostanziava nel conflitto e armonia fra gli opposti, vedi il materiale e lo spirituale, il maschile e il femminile. L’importanza dell’Angelo Incarnato verte nel fatto di esprimere in forma pittorica idee filosofiche e credenze sulla natura del cosmo e dell’uomo, idee che trovano un’ulteriore presenza nella scoperta, effettuata dall’autore, del numero 72 presente sotto uno degli archi del ponte che fa da sfondo al ritratto della Gioconda. Secondo la tradizione cabalistica il numero 7, fra i vari significati, rappresenta il principio materiale e quello spirituale che compongono il cosmo e della loro fusione. Il numero 2 esprime il principio maschile e femminile e la loro armonia. L’Angelo incarnato è come un libro in cui il Vinciano riversa le sue credenze, le stesse che ritroviamo dentro il quadro della Gioconda. Anche nell’Ultima Cena, nella S. Anna e nel S. Giovanni Battista vi sono queste forti presenze simboliche.