Iniziativa: Michelangelo, le statue dimenticate
Premessa;
Michelangelo Buonarroti è stato uno dei più grandi artisti fiorentini, un maestro, un uomo che viene considerato tra i migliori interpreti dell’arte rinascimentale e post-rinascimentale italiana. La sua fama di geniale scultore e insigne architetto si è consolidata nei secoli, in tutto il mondo. Centinaia e centinaia sono le pubblicazioni inerenti alla vita e alle opere di Michelangelo, altrettanto numerosi sono i turisti che ogni anno vengono nel nostro paese per godere delle sue meravigliose opere, sia scultoree che architettoniche.
Le opere dimenticate;
Molti appassionati sono convinti di conoscere tutte le opere scultoree del grande genio fiorentino, tuttavia vi è un periodo, corrispondente ad una specifica produzione del giovane Michelangelo, che sembra essere conosciuto da pochi storici dell’arte. Un periodo della sua vita sul quale sembra persistere una coltre di silenzio.
Il periodo bolognese ottobre 1494- settembre 1495;
Nell’ottobre del 1494 Michelangelo lascia Firenze alla volta di Bologna. Durante quel periodo i forestieri, entrando nella città, erano costretti a farsi identificare alle sue porte e ad andare in giro con un sigillo di cera rossa sul pollice.
Accadde che Michelangelo, con alcuni amici, decise di trasgredire questa nuova legge e dunque venne arrestato subito. Non essendo in grado di pagare l’ammenda, rischiò di finire in prigione. La fortuna volle che Giovan Francesco Aldovrandi, membro dei consiglio dei Sedici ed ex podestà di Firenze, fosse presente all’Ufficio delle Bollette in quel preciso momento. Sentendo che Michelangelo era scultore, Aldovrandi lo fece liberare e lo invitò a casa sua, segno che la fama del giovane lo aveva preceduto. Un giorno Aldovrandi condusse Michelangelo in uno dei luoghi di culto più venerati a Bologna , la chiesa di San. Domenico. Entrando nel sontuoso edificio gotico, i due poterono ammirare la famosa Arca, la tomba di San. Domenico, fondatore dell’ordine che porta il suo nome.
Il Sarcofago che custodiva le ossa del Santo si trovava al centro di un monumento incompleto poiché lo scultore, Niccolò dell’Arca, era morto nel marzo di quell’anno. Per rendere completa la sacra tomba bisognava creare tre statuette. Aldrovandi chiese a Michelangelo se se la sentiva di affrontare questa opera, l’artista acconsentì: avrebbe scolpito i pezzi mancanti della tomba la cui esecuzione aveva occupato gli ultimi 25 anni di vita del più importante maestro della città.
Michelangelo ricevette diciotto ducati per realizzare la statua di San Petronio e dodici per un Angelo.
La terza statua rappresentava San Procolo, un’opera che esprime al meglio le caratteristiche artistiche e la personalità del grande genio fiorentino: la fronte corrugata e la posizione del corpo, tesa in una palpabile inquietudine, ritraggono un – furore- raramente visibile sul reliquario di un santo.
Per quanto riguarda l’Angelo, possiamo osservare che, nello schema previsto originalmente, l’opera avrebbe dovuto armonizzarsi con un’altra scultura, di squisita e dolce fattura, di mano di Niccolò dell’Arca, posta all’altro lato dell’altare. l’Angelo di Michelangelo finì invece per assomigliare maggiormente ad un Lapita, presente nel bassorilievo della battaglia ivi raffigurata. Lo scultore dispiegò quella austerità tardo-antica secondo lui più simile allo spirito del sarcofago originario di San. Domenico, scolpito in alto-rilievo verso il 1265 da Nicola Pisano e assistenti toscani.
Riguardo al San Petronio, Buonarroti si rifece pienamente ad un autorevole prototipo locale: la statua dello stesso santo scolpito da Jacopo della Quercia sul portale centrale della Cattedrale di San Petronio. Probabilmente la scelta di omaggiare Della Quercia, morto a Bologna nel 1438, rappresentava la volontà di proporre un esempio da seguire e aveva il vantaggio di essere toscano come lui, di Siena. In entrambe le statue, il vescovo è rappresentato con la mitra e ha in mano una miniatura della città.
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