Ricerche antropologiche Convab

Ricerche antropologiche Convab
Sant'Orsola. Firenze. Foto di Enzo Russo

lunedì 16 novembre 2020

Introduzione al testo:


Raffaello tra Leonardo e Michelangelo - Armando editore-


Il libro, scritto in uno stile in cui s'intrecciano e si fondono il linguaggio saggistico, lirico e narrativo, pone al centro la dimensione umana ed esistenziale dei tre grandi artisti del passato, con l'intento di proporre una narrativa alternativa rispetto all'abituale e consolidato modello incentrato sull'artista, la sua produzione, le influenze pittoriche, i mutamenti di stile e la esposizione dettagliata delle opere.


Il lettore è proiettato ed invitato a fondersi nell'uomo Raffaello, l'uomo Leonardo e l'uomo Michelangelo; tre uomini a confronto con le loro debolezze, contraddizioni, vizi e virtù.


Il centro pulsante del libro, la sua essenza, consiste nel richiamare i singoli episodi della vita dei sommi maestri, tratti vitali in cui brillano i loro istinti primordiali, gli opportunismi, egoismi e cinismi. Tracce di vita, avvenimenti reali inseriti nel contesto storico, sociale, culturale e politico del periodo; un contesto dove prendono forma le rispettive e peculiari concezioni filosofiche, religiose, morali ed i relativi comportamenti consequenziali, che compongono il luminoso, a volte opaco, sfondo in cui si stagliano le loro dimensioni artistiche.


Imprescindibili sono le variegate influenze culturali ed esperienziali che hanno inciso, in modi e forme diverse, sulle loro produzioni artistiche: dalla scelta dei contenuti da rappresentare, il personale modo d'intendere il realismo, l'evoluzione del loro stile, il significato simbolico proiettato nelle rispettive opere, fino al ruolo dell'artista nella società rinascimentale, ossia il modo di intendere e utilizzare la propria arte.


Nuovi concetti e nuovi modi di rapportarsi ai tre grandi del passato sono espressi in questo testo che, empaticamente, sulla note prorompenti di un vibrante pathos, propone, come fine narrativo, un serrato confronto fra la grandezza dell'uomo e la grandezza dell'artista, offrendo in tal modo al lettore una visione diversa della vita e delle opere di questi tre Sommi Maestri, icone senza tempo.


Emerge quindi, nel corso della lettura, una profonda differenza fra i tre sommi geni italiani: fra la cultura cortigiana e assecondante di Raffaello, il suo modo di utilizzare l'arte per ottenere denari, fama e un nuovo status sociale; il pensiero di Leonardo, mosso da una profonda passione per l'arte come forma di verità, come comunicazione di un pensiero fondato sulla esperienza; ed infine l'Arte di Michelagelo, la cui opera assume caratteri ancor più netti e marcati riguardo al modo di concepire, creare e utilizzare l'arte, sia scultorea che pittorica, come mezzo ed impegno verso i valori civici, mistico religiosi e neo-platonici perfettamente espressi nella sua suprema raffigurazione, emblema ed apice della conquista di un'autonomia creativa e valoriale: la Cappella Sistina, ineguagliabile ed eretica narrazione del Vecchio Testamento, raffigurazione sublime del Giudizio Universale, sequenze pittoriche evocative, simboliche, velate e ribelli ricche di un pericoloso e raffinato spirito protestante.


Una attenzione particolare è rivolta ai significati manifesti e nascosti che pulsano nelle opere. In particolare, l'uso dei simboli, dei segni, delle lettere, dei numeri ricchi di richiami cabalistici, tutti ermetici segni che veicolano idee, sentimenti, critiche e ideali vissuti nel profondo. Il testo tende a svelare gli eretici messaggi nascosti, ad esempio, nel San Giovanni Battista di Leonardo; oppure nella narrazione pittorica del Vecchio Testamento e del Giudizio Universale di Michelangelo


Inoltre, nel capitolo inerente agli ultimi momenti della vita dei tre grandi, si tenta di sviscerare il rapporto che questi artisti hanno con la morte; nello specifico, in evidenza brillano le due ipotesi sull'avvelenamento di Raffaello e sulla scomparsa dei resti mortali di Leonardo da Vinci nella cappella francese di San Ugo, presso il castello di Amboise. Una riflessione importante è altresì dedicata alla cronaca dei maldestri tentativi di riportare le spoglie di Michelangelo a Firenze.



Infine, l'ultimo capitolo è dedicato ad una serrata indagine sulla modernità e attualità dei tre maestri.


Per quanto riguarda Raffaello, si mette in risalto il suo essere una sorta di abile cortigiano, quindi la sua maestria nel tessere fruttuosi rapporti con il papato ed i potenti dell'epoca, anticipando quello che oggi potrebbe rispondere al nome di 'marketing e pubbliche relazioni'. Un'attenta analisi non tralascia la preveggenza Raffaelliana espressa nella riproduzione tecnica delle opere a titolo divulgativo e promozionale, rappresentata da una peculiare modernità di organizzazione 'industriale' della sua bottega che si concretizza anche attraverso la conservazione e valorizzazione delle testimonianze archeologiche e storiche del passato.


Per quanto riguarda Leonardo, si mette in risalto la peculiare modernità nel porre l' esperienza e la relativa scienza empirica a fondamento di un'arte realistica, capace di coniugare verità e bellezza. Inoltre, si analizza la sua attualità in ambito ecologico, quel singolare sentire e concepire la scienza come strumento utile all'uomo. La modernità di Michelangelo pulsa e si rivela anche attraverso la valorizzazione del corpo umano e grazie al peculiare, intenso linguaggio che sprigionano tutte le sue opere: egli si avvale della forza evocativa della scultura e della pittura come mezzo di edificazione umana, egli supera la concezione naturalistica e realistica dell'arte dominante nel suo tempo dando forza espressiva ad una nuova centralità, quella della dimensione interiore, psicologica ed esistenziale dell'uomo; una forza sorgiva della soggettività dell'artista che impregna di sé la materia, il cui maggior fulgido e luminoso esempio è ben espresso nella sua ultima opera scultorea: la pietà Rondanini, dove si coglie il vagito di un nuovo modo di Essere Artista, una tesi che troverà la sua voce matura nel dadaismo, nell'impressionismo, nell'espressionismo, nel cubismo e nelle attuali forme artistiche.


Silvano Vinceti





sabato 14 novembre 2020

Iniziativa: Michelangelo, le statue dimenticate



Premessa;
Michelangelo Buonarroti è stato uno dei più grandi artisti fiorentini, un maestro, un uomo che viene considerato tra i migliori interpreti dell’arte rinascimentale e post-rinascimentale italiana. La sua fama di geniale scultore e insigne architetto si è consolidata nei secoli, in tutto il mondo. Centinaia e centinaia sono le pubblicazioni inerenti alla vita e alle opere di Michelangelo, altrettanto numerosi sono i turisti che ogni anno vengono nel nostro paese per godere delle sue meravigliose opere, sia scultoree che architettoniche.

Le opere dimenticate;
Molti appassionati sono convinti di conoscere tutte le opere scultoree del grande genio fiorentino, tuttavia vi è un periodo, corrispondente ad una specifica produzione del giovane Michelangelo, che sembra essere conosciuto da pochi storici dell’arte. Un periodo della sua vita sul quale sembra persistere una coltre di silenzio.

Il periodo bolognese ottobre 1494-  settembre 1495;
Nell’ottobre del 1494 Michelangelo lascia Firenze alla volta di Bologna. Durante quel periodo i forestieri, entrando nella città, erano costretti a farsi identificare alle sue porte e ad andare in giro con un sigillo di cera rossa sul pollice.

Accadde che Michelangelo, con alcuni amici, decise di trasgredire questa nuova legge e dunque venne arrestato subito. Non essendo in grado di pagare l’ammenda, rischiò di finire in prigione. La fortuna volle che Giovan Francesco Aldovrandi, membro dei consiglio dei Sedici ed ex podestà di Firenze, fosse presente all’Ufficio delle Bollette in quel preciso momento. Sentendo che Michelangelo era scultore, Aldovrandi lo fece liberare e lo invitò a casa sua, segno che la fama del giovane lo aveva preceduto. Un giorno Aldovrandi condusse Michelangelo in uno dei luoghi di culto più venerati a Bologna , la chiesa di San. Domenico. Entrando nel sontuoso edificio gotico, i due poterono ammirare la famosa Arca, la tomba di San. Domenico, fondatore dell’ordine che porta il suo nome.

Il Sarcofago che custodiva le ossa del Santo si trovava al centro di un monumento incompleto poiché lo scultore, Niccolò dell’Arca, era morto nel marzo di quell’anno. Per rendere completa la sacra tomba bisognava creare tre statuette. Aldrovandi chiese a Michelangelo se se la sentiva di affrontare questa opera, l’artista acconsentì: avrebbe scolpito i pezzi mancanti della tomba la cui esecuzione aveva occupato gli ultimi 25 anni di vita del più importante maestro della città.

Michelangelo ricevette diciotto ducati  per realizzare la statua di San Petronio e  dodici per un Angelo.

La terza statua rappresentava San Procolo, un’opera che esprime al meglio le caratteristiche artistiche e la personalità del grande genio fiorentino: la fronte corrugata e la posizione del corpo, tesa in una palpabile inquietudine, ritraggono un – furore- raramente visibile sul reliquario di un santo.

Per quanto riguarda l’Angelo, possiamo osservare che, nello schema previsto originalmente, l’opera avrebbe dovuto armonizzarsi con un’altra scultura, di squisita e dolce fattura, di mano di Niccolò dell’Arca, posta all’altro lato dell’altare. l’Angelo di Michelangelo finì invece per assomigliare maggiormente ad un Lapita, presente nel bassorilievo della battaglia ivi raffigurata. Lo scultore dispiegò quella austerità tardo-antica secondo lui più simile allo spirito del sarcofago originario di San. Domenico, scolpito in alto-rilievo verso il 1265 da Nicola Pisano e assistenti toscani.

Riguardo al San Petronio, Buonarroti si rifece pienamente ad un autorevole prototipo locale: la statua dello stesso santo scolpito da Jacopo della Quercia sul portale centrale della Cattedrale di San Petronio. Probabilmente la scelta di omaggiare Della Quercia, morto a Bologna  nel 1438, rappresentava la volontà di proporre un esempio da seguire e aveva il vantaggio di essere toscano come lui, di Siena. In entrambe le statue, il vescovo è rappresentato con la mitra e ha in mano una miniatura della città.