Ricerche antropologiche Convab

Ricerche antropologiche Convab
Sant'Orsola. Firenze. Foto di Enzo Russo
Visualizzazione post con etichetta Redazione a cura di Stefania Romano. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Redazione a cura di Stefania Romano. Mostra tutti i post

sabato 21 aprile 2012

Comunicato Stampa: Studio sui resti di Lisa Gherardini Del Giocondo

Indagine forense sui resti di Monnalisa:

I risultati del carbonio 14 sono stati positivi. Uno dei tre reperti trovati e sottoposti all’esame si è rivelato compatibile con il periodo di morte della Monna Lisa. 

Dopo anni di ricerche, finalmente è possibile comporre uno studio più dettagliato sulla Monnalisa, ossia Lisa Gherardini. Ciò è stato possibile grazie ad una serie di dati: stratigrafici, attuati dagli archeologici della Sopraintendenza di Firenze; dati antropologici, ottenuti dalla Sovraintendenza di Firenze e dal prof. Giorgio Gruppioni della Università di Bologna -sede di Ravenna- Dipartimento di Beni Culturali; dati storiografici, ottenuti grazie a diverse ricerche storico-documentali. 

L'insieme di questi accurati lavori mi consente di poter formulare una conclusione dettagliata. Dal punto di vista storiografico, fondamentali sono state due ricerche storiche: una concernente la storia del Convento e della chiesetta di San. Orsola, comprensiva di tutte le trasformazioni che sono venute al suo interno; l’altra riguarda il libro mastro tenuto dalla Monache francescane, in cui vengono riportate tutta una serie di sepolture. Tali studi, avallano i risultati del carbonio 14,  degli scavi antropologici, della scienza forense.

Per meglio precisare e chiarire i risultati di questa ricerca  occorrerebbe esporre tutti i risultati dei diversi ambiti di studio che hanno caratterizzato questa fase finale della nostra indagine. In questo contesto, mi limiterò a una sintesi dei documenti di cui disponiamo. Tengo a precisare che alcuni di questi elementi sono il risultato di esami scientifici, archeologici ma anche elaborazioni di dati empirici acquisiti in precedenza.

Risultati esami stratigrafici e archeologici 
Gli esami e la relativa interpretazione archeologica si sono concentrati su dei reperti emersi durante gli scavi, specificatamente ritrovati in un cassone ( o tomba comune), all'interno del quale sono stati individuati tre resti mortali

Il test del carbonio 14 e i dati archeologici collocano questo cassone fra il 1450- 1545. Questo è il periodo di attività della tomba; arco di tempo che coincide con l’arrivo della Francescane ( 1440-1450) che sostituiscono le suore Benedettine. Il breve periodo di uso di questa sepoltura è dovuto al cambiamento della collocazione dell’altare. Gli archeologici espongono tutta una serie di elementi a sostegno di questa datazione anche basandosi sulla composizione fisica di questa costruzione.

Risultati antropologici della Sopraintendenza di Firenze
Gli antropologi che hanno presieduto al recupero dei resti mortali presenti nel cassone, espongono tutta una serie di dati inerenti alla collocazione sepolcrale dei tre resti mortali che li vede orientati verso il vecchio altare, in funzione fino al 1545 circa. Si dispone di una letteratura d'archivio inerente alle inumazioni e alla loro collocazione rispetto agli altari la quale rafforza il fatto che le tre sepolture, fra cui forse quella della Monna Lisa, sono state eseguite durante lo stesso periodo individuato dagli archeologici. Vale la pena di sottolineare che con lo spostamento dell’altare da Sud a Nord, nel cassone non si poteva continuare a seppellire dato che si sarebbe dovuto collocare i feretri in posizione opposta a quelle precedenti e. come prassi. questo non veniva mai eseguito.


Documenti storici sugli interventi edilizi compiuti nella chiesetta di San. Orsola
Disponiamo di una ricca messa di elementi storiografici che ci hanno permesso di ricostruire la storia delle trasformazioni edilizie avvenute nella chiesetta di San. Orsola. Questi elementi sono stati fondamentali per datare le trasformazioni, si tratta anche di elementi indiretti, come la presenza di Vescovi o di bolle Papali. Quanto emerge da questa attenta lettura interagisce, converge e ha determinato interazioni con il lavoro degli archeologi, giungendo a  consolidare e confermare che il cassone mortuario rimase in attività dal 1450-1460 fino al 1545. Occorre tener bene in conto che la Lisa Gherardini, detta Monna Lisa del Giocondo, morì  il 15 luglio 1540 e venne sepolta nel convento di San. Orsola, nello specifico,  nella chiesetta di San. Orsola.

Documenti storici sulle sepolture che si rivela centrale per le considerazioni conclusive
Per l’obiettivo che ci eravamo prefissi, questi documenti rivestono un ruolo centrale. In essi sono state riportate le morti più significative di nobildonne, come la Monna Lisa, che sono state generose finanziariamente con il Convento, come appunto la Gherardini, che hanno vissuto per un certo periodo nel Convento, come la Gherardini e che avevano una parente nelle francescane, come la Gherardini.

Proprio da un attenta lettura di queste sepolture, sparse nel corso di duecento anni (occorre ricordare che mancano i documenti che vanno dal 1530 al 1570), si sostanzia la tesi da noi sostenuta: la sepoltura denominata con la sigla A molto probabilmente appartiene alla Monna Lisa. Nei documenti scritti pro-mani dalla Ministre del terz’ordine delle Osservanti che si susseguivano nel Convento, vengono riportate direttamente o indirettamente informazioni sulla sepolture delle nobildonne, inumate dentro la chiesetta di San. Orsola o nel cimiterino collocato nel lato Nord del chiostro (vedi ritrovamenti archeologici) di fronte alla chiesetta di San. Orsola. 

In conclusione, lo studio comparato di tutti i dati stratigrafici, archeologici, antropologici e storici, mi consente di asserire, con la cautela e la prudenza tipica della scienza, che la percentuale di individuazione dei resti mortali della Monna Lisa è, in definitiva, molto alta.

Silvano Vinceti



martedì 27 dicembre 2011

Convab presentazione

Breve storia del Comitato Nazionale per la Valorizzazione dei Beni Storici, Culturali e Ambientali


Il Comitato Nazionale per la Valorizzazione dei Beni Storici, Culturali e Ambientali da anni si dedica a risolvere enigmi legati a grandi personaggi del nostro paese. Misteri connessi alla loro vita e alla loro morte che la storiografia ufficiale non ha risolto. Grazie alla scienza e all’utilizzo delle tecnologie più avanzate, il Comitato è in grado di trovare una soluzione fondata e obiettiva ai molti casi irrisolti che riguardano la storia culturale del nostro paese. Questi nuovi risultati, pur non toccando il valore delle opere e della vita di letterati, filosofi, artisti e scienziati, hanno contribuito a uscire dall’ ambiguità, dalle supposizioni o da asserzione non motivate dai fatti.

L’approccio che caratterizza la ricerca prevede una dialettica e felice sintesi fra le scienze storiografiche e quelle dell’antropologia forense. Coerentemente a questo nuovo modello di ricerca, il Comitato è composto da due staff scientifici: il primo, di natura storiografica, è coordinato dal dott. Silvano Vinceti che riveste anche la carica di presidente del Comitato, l’altro, di natura prettamente scientifica, è coordinato dal prof. Giorgio Gruppioni, ordinario di antropologia ossea all’Università di Bologna. Del comitato scientifico fanno parte varie università italiane. Sono membri dei due staff diversi professori provenienti dalle facoltà umanistiche e artistiche, esperti del D.N.A., degli esami con il Carbonio 14, esami istologici e dei metalli pesanti presenti nei resti mortali.




Nel corso di questi anni, il comitato ha realizzato le seguenti ricerche: l’individuazione del luogo e dei resti ossei del poeta Matteo Maria Boiardo; la ricostruzione del viso di Dante Alighieri, realizzata in collaborazione con alcuni professori delle università inglesi; lo studio sul luogo do sepoltura e sulla localizzazione dei resti ossei di Giacomo Leopardi; l’apertura delle tombe di Giovanni Pico della Mirandola e di Angelo Poliziano, indagine compendiata da uno studio interdisciplinare che ha portato alla soluzione dell’irrisolto problema della loro morte; l’individuazione del luogo di sepoltura e dei resti mortali del grande maestro Michelangelo Merisi da Caravaggio; la ricerca inerente al luogo e ai resti di sepoltura di Lisa Gherardini Del Giocondo, modella che con molte probabilità ispirò il celebre dipinto La Gioconda di Leonardo da Vinci; infine, l’individuazione e la decodificazione di alcune lettere nonché del numero 72 presenti all’interno del quadro La Gioconda di Leonardo da Vinci, opera attualmente conservata presso il museo Louvre in Francia.

Tutte queste indagini hanno avuto una ricaduta mass-mediale globale, importanti riconoscimenti da parte di esponenti provenienti dalle più illustri università nonché da centri di ricerca sia italiani che stranieri. Le stesse metodologie e tecniche utilizzate sono state occasioni di simposi e convegni nazionali. Le nostre indagini hanno inoltre suscitato un rinnovato interesse verso la storia culturale del nostro paese: turisti e uomini di cultura da provenienti da tutto il mondo, stimatori dei personaggi medesimi, hanno moltiplicato la loro affluenza verso i luoghi dove quest’ultimi hanno vissuto e/o sono morti, con conseguente valorizzazione e consolidamento dei luoghi stessi, delle opere, della storia e delle strutture turistiche del nostro paese.

Il feed-back generato da tali operazioni ha garantito all’Italia un incremento della promozione -del nostro già stimatissimo patrimonio culturale- a livello mondiale: una tipologia di marketing e comunicazione che ha qualificato e rafforzato l’immagine complessiva che l’Italia offre a tutto il mondo, con conseguente consolidamento delle nostre complessive proposte ed offerte turistiche. Le indagini stesse, essendo di natura interdisciplinare, hanno coinvolto storici, esperti di estetica e di storia dell’arte, oltre che micro-biologici, esperti del D.N.A., antropologi e laboratori per l’accertamento dell’età e autenticità dei resti ossei, accertamento reso possibile grazie all’utilizzo delle tecniche legate al carbonio 14.





Staff Convab

EQUIPE RICERCA SCIENTIFICA e STORICO-DOCUMENTALE:
  1. Dott. Silvano Vinceti (Presidente Comitato Nazionale Valorizzazione Beni Storici Culturali e Ambientali) – filosofo, storico, scrittore, responsabile ricerca storico-documentale;
  2. Prof. Giorgio Gruppioni (Coordinatore scientifico delle analisi antropologiche, genetiche e istologiche.) - Professore ordinario di Antropologia nell’Università di Bologna: analisi di biologia scheletrica;
  3. Dott. Stefano Benazzi – Università di Bologna: esami osteologici ed elaborazioni di antropologia virtuale;
  4. Dott. Marco Orlandi – Università di Bologna: acquisizione ed elaborazione di immagini 3D delle ossa
  5. Dott.ssa Elisabetta Cilli – Università di Bologna: analisi genetiche mediante il DNA;
  6. Prof. Lucio Calcagnile – Università del Salento e Centro di datazione: datazione dei reperti mediante il Carbonio 14;
  7. Prof. Francesco Mallegni – Professore ordinario di Antropologia nell’Università di Pisa: metodologie e tecniche di ricostruzione facciale;
  8. Gabriele Mallegni – Scultore: modellazione manuale del volto mediante tecniche di antropologia forense;
  9. Dott. Domenico Mancinelli, dottore in Biologia. Ricerca e biologia dello scheletro umano. Professore presso il Dipartimento di Scienze Ambientali dell'Università dell'Aquila.
  10. Prof. Massimo Andretta, laureato in Fisica, Direttore del Centro Ricerche e Servizi Ambientali (C.R.S.A. Med Ingegneria) di Marina di Ravenna (RA). Ente Convenzionato con l'Alma Mater - Università di Bologna: analisi dei metalli pesanti
  11. Prof. Antonio Moretti – Università dell’Aquila: analisi geoarcheologiche.
  1. Dott.ssa Stefania Romano (Responsabile tecnica della ricerca storico-documentale; coordinatrice segreteria nazionale comitato) – ricercatrice, editor
  2. Dott.ssa Alessia Cervone (Responsabile ricerca malattie neurologiche e patologie dell’organismo) – ricercatrice, medico
  3. Dott. Enzo Russo – fotografo, web design  

ELENCO RESPONSABILI TERRITORIALI COMITATO SEZIONI ITALIANE

Dott. Silvano Vinceti. Presidente comitato silvano.vinceti@yahoo.it

REGIONE ABRUZZO:

REGIONE CALABRIA:

REGIONE CAMPANIA:

REGIONE EMILIA ROMAGNA:

REGIONE LAZIO:

REGIONE LOMBARDIA:
REGIONE MARCHE:

REGIONE MOLISE:

REGIONE PIEMONTE:

REGIONE PUGLIA:

REGIONE TOSCANA:

REGIONE UMBRIA:

REGIONE VENETO:
  • Dott.ssa Loretta Marcon. Responsabile Padova

ELENCO RESPONSABILI SEZIONI ESTERE

FRANCIA:

SPAGNA:

Campagna nazionale per l'esposizione della Gioconda nel 2013

Breve sintesi delle rocambolesche vicende legate al furto del dipinto La Gioconda avvenuto nel 1911 e recuperato nel 1913

La Gioconda, Leonardo da Vinci, 1503-1519. Parigi, Musée du Louvre, inventario 779, cm 77x53, olio su tavola di pioppo. Cornice italiana del XVI secolo dono della contessa De Béarne.

Il dipinto venne portato in Francia da Leonardo nel 1516, anno in cui fu invitato da Francesco I ad Amboise.
Successivamente il dipinto fu condotto a Versailles per essere esposto e poi, dopo la Rivoluzione francese, venne trasferito al Louvre. Innamoratosene, Napoleone Bonaparte lo volle mettere nella sua camera da letto, tuttavia qualche tempo dopo tornò nel museo del Louvre. Durante la guerra Franco-Prussiana del 1870-1871, La Gioconda fu nascosta in un luogo segreto in Francia. Dal 21 agosto 1911 sino al dicembre del 1913 fu invece rubata da Vincenzo Peruggia, che la tenne prima a Parigi e poi a Firenze. In seguito alla restituzione del quadro, essendo questa avvenuta anche grazie all’intervento del governo italiano, si decise di esporre l’opera in alcune delle principali città italiane: a Firenze, prima agli Uffizi poi a Palazzo Farnese, a Roma, nella Galleria Borghese a Roma, infine a Milano. Subito dopo, fu restituita alla Francia che la affidò al Louvre, tuttavia, a causa delle guerre mondiali, venne nuovamente rimossa per essere nascosta e conservata in sicurezza. Purtroppo, nel 1956, la parte inferiore dell’opera fu gravemente corrosa con dell'acido. Qualche mese dopo gli fu tirata una pietra.

Presto restaurata, nel 1962 venne affidata agli Stati Uniti per essere esposta a New York e Washington. In ultimo, nel 1974, si decise per due storiche esposizioni: prima a Tokyo e poi a Mosca.

La narrazione del furto
Parigi, Museo del Louvre, Salon Carré, lunedì 21 agosto 1911, mattino.

Come ogni lunedì, il museo non è aperto al pubblico ma ci sono comunque 257 persone. Un tale Monsieur Louis Béroud, incaricato di fare una copia del dipinto, è il primo ad accorgersi della sua assenza. Dopo vani tentativi, vengono ritrovate solo la cornice ed il vetro di protezione: il dipinto è stato rubato. La Polizia viene mobilitata, tuttavia si è incapaci di trovare una pista. L’ex segretario del poeta Guillame Apollinaire, a caccia di fama, confessa di aver rubato una statuetta al Louvre. La polizia perquisisce l’appartamento del poeta e trova altre due statuette di proprietà del museo. Apollinaire si difende sostenendo di averle ricevute in dono; siamo nel periodo in cui Marinetti -nel Manifesto Futurista- invita a distruggere i capolavori dei musei per far spazio al nuovo.

Qualche tempo dopo, ormai pentito, l’ex segretario di Apollinaire confessa e viene arrestato, ma dell’opera non vi è traccia.
La politica internazionale si interessa alla vicenda e i già tesi rapporti tra Francia e
Germania sfociano in accuse reciproche. L’opinione pubblica francese dà la responsabilità della Germania. I politici tedeschi sostengono che il governo francese sa dove viene custodita la Gioconda. Gli interrogatori si moltiplicano senza portare alla soluzione del caso.

Passa del tempo e finalmente, nel dicembre del 1913, l’antiquario Alfredo Geri riceve una lettera in cui vi è scritto: «Ho la Gioconda, e intendo cederla per 500.000 lire. Vincenzo Leonard.» Il giorno dopo un giovane porta l’antiquario, accompagnato dal direttore degli Uffizi, in una camera dell'Albergo Tripoli-Italia. Viene loro consegnata la Gioconda. Alfredo Geri dice di essere disposto a pagarla entro la mattina seguente, tuttavia porterà solo le manette dei carabinieri.

L’opere d'arte più celebre del mondo era stata 28 mesi nelle mani del giovane Vincenzo Peruggia, un italiano emigrato in Francia, e il mondo intero rispose alla risoluzione dell’enigma con grande delusione: una celebre opera nella mani di un uomo qualunque che l’aveva trafugata senza generare nessuna leggenda poetica.

Vincenzo Perugia
Nato a Dumenza sul lago di Como l’8 ottobre 1881, Vincenzo Peruggia si trasferisce in Francia in cerca di lavoro e ottiene un incarico di decoratore presso il Louvre, luogo dove elabora il furto. Nell’agosto del 1911 non lavora più per il museo, ma lo conosce bene. La ricostruzione del fatto ci porta a credere che la sera di domenica 20 Vincenzo è a cena con altri immigrati italiani e fa credere a tutti di essere ubriaco. Torna nel suo appartamento e si infila a letto. All’alba della mattina successiva si reca al Louvre, entra utilizzando le impalcature appoggiate alle pareti del palazzo e preleva la Gioconda, le toglie la cornice ed il vetro protettivo e la nasconde sotto la giacca. Torna a casa e, il giorno dopo, va lavoro. Contemporaneamente, al Louvre si scopre il furto e, come sappiamo, la polizia si mobilita.

Fino al dicembre del 1913 il dipinto rimane chiuso in una scatola di cartone sotto il letto del Peruggia, che per diversi mesi continua a fare il decoratore per non attirare l’attenzione. Nel dicembre del 1913 porta a termine il piano: prende un treno e passa la dogana al confine con l’Italia, vuole portare La Gioconda a Firenze.

Il processo
Le dinamiche della vicenda vennero chiarite alla Corte del Tribunale di Firenze nel 1914:

Peruggia cercò la difesa ammettendo di avere un conto in sospeso con la Francia per il razzismo che aveva dovuto subire. Disse al giudice: «Ho compiuto il furto per motivi patriottici, volevo restituire all’Italia una parte dei saccheggi di Napoleone».

La forza d’accusa tuttavia palesò al ladruncolo il punto della questione: l’opera era stata venduta dallo stesso Leonardo al Re di Francia Francesco I, per la considerevole cifra di 4000 scudi d’oro.

Arresosi, l’ex decoratore ammise che la scelta del quadro era dovuta alle sue celebri ridotte dimensioni. Vincenzo Peruggia scontò un anno e 15 giorni di galera per il furto del secolo.

Il dipinto
Il dipinto è conservato al Louvre in un contenitore fissato nel cemento e protetto da due lastre di vetro antiproiettile a tripla lamina, poste a 25 cm l’una dall’altra.

Il Convab è attualmente impegnato in una campagna nazionale a favore del rientro del celebre quadro durante il centenario del suo ritrovamento, ossia nel 2013.
I sostenitori di questa iniziativa ritengono importante poter celebrare il centesimo anniversario del ritrovamento del capolavoro di Leonardo; sarebbe un evento di enorme valore culturale e storico, oltreché una meravigliosa occasione per l’Italia intera, il possibile ritorno nel 2013 della Gioconda nella città di Firenze, e la sua esposizione ai cittadini fiorentini e italiani a cento anni di distanza.

Per adesioni, inviare richiesta info all'indirizzo com.giocondafi2013@libero.it